martedì 29 novembre 2011

Mi sono svegliata e il mondo non aveva smesso di funzionare. Un coltello conficcato nel cuore di una mela. Volevi mostrarmi come fosse facile. E io ho sentito la sua lama affondare nella polpa e la mela divaricarsi in spicchi. Oscillavano. In frammenti di tempo. Intervalli tra un pensiero e l'altro.Dove erano le tue mani? E le mie? Avevo smesso di imbrattare quello che leggevo con la mente. Lo lasciavo scendere dentro di me. Come in un imbuto. E restava sempre poco. Alla fine pesiamo sempre tutto. Non siamo capaci di scindere il bene dal pco e dal troppo. Mi è bastato chiudere gli occhi e pensare a quanta luce fosse necessaria. Era troppa. Una orchidea mi ha sorriso. L'ho -intra-vista tra le ciglia. Come se fosse stata in una gabbia. E i miei occhi una finestra. Poi è scomparsa, divorata dal ritorno, o forse da un pensiero. Mentre spingevo gli occhi nel buio. In un buio liquido, dove prima o poi un pesce mi salverà. "Salvami pesce, io sono una mollica. Una piccola e povera mollica tra le altre. Una mollica supplice". Mi sono svegliata e nessuna aveva cambiato il posto delle cose. Il cielo era nel ripiano superiore. L'inferno nello scantinato. E sotto le mie unghie. Detriti di vita. Ho stretto e incontrato un fiume di mani. Erano infinite. Ne cerco le tracce sul mio palmo asciutto e liscio. Solo le mie linee si fanno strada sulla mia pelle. La rete del ragno, chiamata destino. Il nome inverso della volontà. Mi perdo in una nudità sincera e spietata. Il mondo non si è spento. Gli uccelli cinguettano. Forse nessuno li ha avvisati. L'ho detto al mio gatto e mi ha sorriso compiaciuto, sospeso sui suoi baffi. E io sui miei tacchi.
Non avevo mai pensato a quanto fosse immobile la gioia.
Il corpo sa sempre già tutto.
Ma io non so ascoltarlo.
Sono pensieri che si agitano dentro la carne.
Sono il fodero di carne che avvolge i miei pensieri.
E poi divento un nulla pulsante.
Quasi una cartolina mai spedita.
Da qualche parte stai guardando altri occhi.
Forse ci scoperai dentro un pò di vita.
Non sono gelosa di quello.
Ma delle tue ore.
Come quando ti osservo mentre ti perdi in altri pensieri.
Ci giochi e li ammicchi.
E io urto contro il bordo della fotografia.
Adesso ho un livido che mi ricorda che non avevo posto.

1 commento:

  1. Non mi fa entrare con il mio accont. Posto anonimo ma sono simurgh e mi veniva da dire
    'cezzionale, come sempre. Tutta quell'enfasi che trabocca in phatos, come avessi delle viti piantate dentro, che affondano nella carne. Con quelle regoli l'affondo, accordi lo strumento e, nell'incavo ne stemperi l'ingerenza. Provi gusto, una malattia contratta nell'infanzia, un chiodo piantato in un'anca, ti rileggi i referti, metti controluce i raggi, sovrapponi in un flusso d'immagini. Mi piace sempre leggerti, dir la mia, congiungere le sensazioni, piccole catastrofi dentro cellette d'api, piu microtraumi che trama. In fin costituisce forma segreta di gioiette tondeggianti da infilare in un filo e portare al collo. Un livido che ti ricorda che non avevi posto. Bel colpo ragazza!

    RispondiElimina