sabato 8 ottobre 2011

Quella che abbracciava era la sua piccola Sara; e non smetteva. Di avvolgere tutti quei sogni, spersi e vaganti come un sottobosco, dimenticato ed ignaro, e lo stringeva, con il suo alito ed il suo calore, fino ad impedirsi di respirare, o solo di pensare. Le sue dita si mescolavano alle more ed ai rovi, in un provvido rosso, e si lasciava scuotere dai suoi brividi, di quella piccola bimba, come se fossero i suoi. E forse era così. Ma non lasciava la presa, per non perdere il coraggio, o solo un pochetto di equilibrio. E quei brividi, densi di passato e di sogni e di zucchero filato, le mordevano i polsi, fino al gomito, quasi a ridosso con il passato. Era quello il confine in cui il tempo andato ed il presente si strofinavano addosso. Tremava insieme a lei, senza negarle nulla, là dove il bene ed il male sono vicinissimi. In un abbraccio della piccola parte di sè che non riesce ad andare via e noi non riusciamo a far scivolare sotto la porta di un spazio, che ci ostiniamo a chiamare ieri - quasi come un foglio scritto fitto fitto e chiosato sui bordi, come le ali di cera che si sono fuse nel sole, o solo come le virgole di cui ci siamo ingozzati, per impedirci di mettere un punto. Senza fine era il suo sottotitolo preferito e se lo lasciava sciogliere sotto il palato. E per mancanza ci scriviamo addosso, riabbracciandoci contro noi stessi ,di continuo, lasciandoci sfiniti, come dopo una corsa oltre il prato, solo per poi raccoglierci e ritrovarci. Una specie di rugiada inversa, un sangue senza carne, un delizioso collante tra anima e corpo; oltre quel prato, oltre questa carne, i gigli urlano e si schiudono, ad ogni brivido di quel piccolo corpo, fatto di pelle levigata dal sole e di sogni, di pupille strette come barche. Sara le alitava sul collo e le lasciava rotolare una collana di perle invisibili e di pietre. Solo perchè era quello il suo modo strambo di amare. Di raccontarle le fiabe. Quale favola è più dolce dell'amore? L'unica in cui possiamo incastrarci fino in fondo, imbrattandola del nostro sangue. Forse era così che ad ogni alba scivolava dal soffitto e diveniva aria. Sara era fatta di nuvole. Per quel preciso motivo. Un motivo grondante di vento e voglia.
Non chiamiamola vita, solo perchè è un segreto. 
Era assolutamente infedele, più di una gatta, quando non amava.
Ma invece, sì.

Nessun commento:

Posta un commento